Leggere i vostri commenti è piacevole e utile. Aggiunge. Serve a capire. Grazie.
E rispondo alla richiesta di Annamaria.
Provo a dire .
Nella mia poesia sono attirata da ciò che mi è vicino. Questo riguarda il linguaggio , questo riguarda i temi. Questo riguarda le immagini. Mi interessa il come viviamo, e dove. Mi interessa questa piccolezza in cui ci abituiamo a vivere e di cui non possiamo fare a meno. E la felicità che rincorriamo senza sapere dove sia e immaginandola sempre altrove, senza sapere che si nasconde tra le cose di ogni giorno, nelle cose che ci siamo pur noi stessi scelti, consapevoli o no, però, che scegliamo solo tra quello che il mercato ci offre. Ma si nasconde davvero bene. E così l’idea di un catalogo di mobili, di cui in questo libro è editata solo una piccola parte, che come i cataloghi delle ditte e delle catene di negozi , racconta di una felicità di plastica omologata da cui siamo attirati e a cui nello stesso tempo ci ribelliamo. Allora lo scarto, l’ironia, dove riesco a catturarla, serve a stare nella doppiezza di queste cose. E a guardare anche noi stessi senza “crederci “ troppo. Prodotti di mercato, forse, un po’ anche noi?
Il linguaggio per me non può che essere “basso” comune. Per comunicare senza intoppi e senza presunzione. In un certo senso , se la pubblicità comunica con tutti i diversi tipi di pubblico, perché non dovrebbe provarci anche la poesia? e se sa trovare i nessi e doppi sensi che fanno il suo gioco, la poesia non dovrebbe saperlo fare e forse meglio?
Quanto ai riferimenti culturali e letterari ve ne sono molti (e anche meno letterari, poiché siamo figli anche della canzone italiana d’autore). Nelle antologie del liceo, dopo i “grandi” cercavo Palazzeschi e Gozzano, magari Pagliarani. Fuori dalle antologie amavo Rodari. Ma quando poi ho provato il desiderio di scrivere ho trovato l’autorizzazione a farlo in Giulia Niccolai di cui mi risalirono alla memoria i “freesbees” e i versi letti molti anni prima per una trasmissione radiofonica: “Una volta/aprendo il frigorifero/è capitato anche a me di dire:/«C’è del marcio in Danimarca». Ripensandoli ho capito che sì, si può scrivere con le nostre parole e la nostra intelligenza. Così ci provo.